lunedì 21 gennaio 2013

Cosa si agita a sinistra?

Per alcuni sembra un film già visto, uno di quei remake dove cambia qualche attore ma la storia è sempre la stessa. Ieri erano PD e IDV a costituire l'alleanza di centrosinistra che si candidava ragionevolmente a governare il Paese (anche se poi il popolo italiano ha deciso diversamente nelle urne), oggi sono PD e SEL. Ieri l'"escluso" a sinistra era l'Arcobaleno, oggi Rivoluzione Civile.

Ed anche il dibattito (la polemica?) che questa dinamica innesca sembra (davvero con pochi distinguo) il medesimo: da un lato l'accusa a SEL (allora all'IDV) di rinnegare le ragioni più autentiche della sinistra, l'accusa di barattare scampoli di potere politico con l'abdicazione alla funzione di rappresentanza dei soggetti più deboli del paese (lavoratori, ambientalisti, pensionati...); dall'altro la risposta a RC (allora all'Arcobaleno) di voler portare la sinistra su un "monte a cantare alla luna", cioè di inibire qualunque possibilità della sinistra di realizzare, tramite un'azione di governo possibile, elementi di trasformazione sociale nel senso della giustizia, della cura del territorio e dei beni comuni e della redistribuzione della ricchezza.

Un dibattito che - e questa è invece una novità - si consuma in un contesto che per la prima volta nella storia italiana vede movimenti e formazioni politiche (prima fra le quali il Movimento 5 Stelle) dichiaratamente "altre" dalla storica tricotomia destra-centro-sinistra, in campo con una possibile chance di rappresentanza che non sia totalmente residuale.

Come è messa SEL - il nostro partito - dentro questa dinamica, complessa, confusa e in larga parte disarticolata?

Se da un lato è di una disarmante evidenza il ragionamento per il quale se non ci si candida ad governo dei processi ci si candida solo a fare i tribuni del popolo lautamente stipendiati dai cittadini, dall'altro dobbiamo ammettere che SEL è chiamata ad interpretare un ruolo difficile e per molti versi scomodo nell'alleanza col PD.

Quando Bersani ribadisce con solida sicumera il proprio ruolo egemone nell'alleanza - ad esempio con il secco NO alla patrimoniale - sta inviando un messaggio non tanto ai suoi elettori e men che meno ai suoi avversari. Sta inviando un chiaro messaggio ai suoi alleati, cioè a SEL. E il senso del messaggio è, una volta tanto, limpido: "Nella nostra alleanza il PD è il soggetto più forte e SEL quello più debole. Spetta quindi a noi prendere la parola per dire cosa sia questo centrosinistra. SEL può e deve fare distinzioni e precisazioni, ove lo ritenesse necessario, ma sempre tenendo a mente le condizioni di piano inclinato (per dirla con Solow) alla base della nostra alleanza."

Poi, certamente, dal momento che la cultura politica di Bersani e del suo PD è una cultura liberale e dialogante, si ha particolare cura che queste condizioni di partenza non vengono imposte come un gravame draconiano su SEL, anche perché un alleato inibito non sarebbe di alcuna utilità. Si ha cura, soprattutto, che più che le condizioni tecniche/numeriche dell'alleanza siano prevalenti le ragioni politiche e programmatiche di questa.

E tuttavia, un modo per ribaltare (o comunque alleggerire) queste condizioni c'è. E la buona notizia è che questa possibilità non sta nelle mani di nessuna segreteria di partito, di nessuna dirigenza nazionale, di nessuno spin doctor della campagna elettorale. Sta nelle mani del popolo che andrà a votare.

C'è un punto dolente e perennemente irrisolto sul quale la sinistra si arena ormai da troppi anni, ed è la piena accettazione dei processi democratici. Chiedo scusa per la brutalità dell'esposizione, ma se il PD prende più voti, se in virtù di questi ha una maggiore presenza nelle istituzioni a tutti i livelli, se è in grado di mobilitare un gran numero di donne e di uomini sulle sue iniziative, un motivo - un motivo democratico, intendo - ci dovrà pur essere. E questo motivo è che il PD è oggi in grado di interpretare di più di chiunque altro nel campo progressista le idee, le aspettative e forse anche i timori e le paure della gente. Molto semplicemente SEL, e per altri versi RC, hanno una capacità di rappresentanza molto minore.

Poi possiamo andare a trovare tutti gli alibi che preferiamo per rinnegare le nostre responsabilità in ciò: una volta sono le televisioni di Berlusconi o la RAI lottizzata (a sinistra non ne sappiamo nulla, vero?), una volta è Pubblitalia, poi è Casaleggio, la Massoneria, gli Illuminati delle paranoie tremontiane, la CIA, il Reich nazista che non è mai morto, gli alieni o gli immancabili "poteri forti", che sono la riedizione dei "nemici così lontani" di cui cantava Fabrizio De André.

Ora, fintanto che questo fenomeno si produce all'interno di una dinamica democratica (per quanto ferita ed esausta come quella italiana) c'è ben poco da eccepire. Ma il fatto che ci sia poco da eccepire non implica che le cose debbano per forza permanere in questo stato. Sta alle donne ed agli uomini di questa Italia affranta stabilire il peso ed il valore della rappresentanza istituzionale. E così come non è la stessa cosa avere un governo di destra o di sinistra (Berlusconi, Polverini, Formigoni e - nel senso opposto - Vendola lo hanno dimostrato direi con sufficiente chiarezza), non è la stessa cosa se in un governo di centrosinistra la sinistra ecologista ha i numeri, il peso, la rappresentanza sufficiente per dire: "Amici e compagni, noi non siamo il due di coppe quando regna bastoni e nemmeno la copertura a sinistra per calmierare il dissenso sociale radicale. Noi siamo un elemento indispensabile di questa alleanza perché nei nostri numeri c'è tutta la forza ed i desideri di una larga parte del popolo!"

La buona notizia, dicevo, è che questa cosa non la decidono né Bersani, né Vendola e nemmeno Ingroia.

Questa cosa la decideremo noi italiani tutti insieme il 24 e 25 febbraio col nostro voto.

Dobbiamo solo scegliere da che parte stare.

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