giovedì 5 luglio 2012

Le nostre abitudini alimentari.

L'ISTAT ha appena rilasciato dei dati che indicano come, nel 2011, la spesa alimentare degli italiani sia diminuita di un pesantissimo 35,8% rispetto al 2010. Contestualmente, sempre l'ISTAT ci dice che, dentro questo calo, le spese alimentari della nostra gente si orientano sempre di più verso i supermercati discount.

Considerata la antica e nobile tradizione alimentare italiana, carica di valori simbolici e sociali e non solo meramente edonistici, questo dato rappresenta un indice certo ed inconfutabile dell'impoverimento di noi tutte e tutti. Mentre l'altro fattore, quello dell'aumento dei consumi discount, ci dice di un duplice problema in atto:

  1. L'aumento della quantità di cibo spazzatura che entra nella nostra alimentazione.
  2. La distorsione di mercato che questo fenomeno genera, perché la maggior parte del cibo discount è prodotto in Paesi esteri che hanno una scarsa (se non nulla) cultura alimentare, il tutto a danno delle nostre filiere produttive e del nostro orgoglioso status di qualità mondiale nella produzione alimentare.

Un possibile, ed in parte anche risolutivo, argine a questa deriva pericolosa tanto per la nostra salute che per la nostra economia sta nella modifica dei comportamenti quotidiani legati alla quantità di cibo che consumiamo.

La chiave di volta è, a mio avviso, imparare a consumare meno cibo, destinando la quota di risorse economiche di cui disponiamo per la spesa alimentare ai prodotti di qualità e di provenienza nazionale, meglio ancora se locale. Una filiera che garantisce qualità, freschezza del prodotto, ridotto impatto sull'ambiente perché abbatte i costi e i consumi di trasporto merci e ci consente, inoltre, un controllo diretto su cosa stiamo acquistando e su chi stiamo pagando.

Questa peraltro è la filosofia dei GAS, i Gruppi di Acquisto solidale, che sul nostro territorio stanno fiorendo e riescono a tenere duro anche, o forse soprattutto (paradosso solo apparente), in questi tempi di crisi.

In punta di piedi, non sia mai qualcuno dovesse urtarsi, mi permetto di suggerire anche di prendere in seria considerazione la scelta dell'alimentazione vegetariana: una scelta di salute, autenticamente ecologista e profondamente etica dalla quale non si possono trarre che benefici, anche economici.


Mangiare meno ma mangiare meglio non è solo una risposta di carattere economicistico, un modo per fare di necessità virtù. C'è dell'altro. C'è la conversione del nostro stile di vita verso i sicuri e sani territori della sostenibilità ecologica e salutare. C'è la scelta di non foraggiare coi nostri soldi le multinazionali dell'alimentazione spazzatura e le loro logiche di sfruttamento globale del lavoro, per sostenere chi si batte per stare sul mercato con la qualità e la dignità dei suoi prodotti e dei suoi processi produttivi, ivi compresa la qualità dell'occupazione legata a tali processi. E c'è anche la scelta di spezzare la catena perversa e malata della sovralimentazione che è un problema reale dell'Occidente: un problema che, peraltro, produce la parte largamente maggioritaria delle sperequazioni sociali ed economiche mondiali, che negli squilibri alimentari vede la prima e più profonda causa della ingiustizia economica, sociale ed ambientale.

Quando andiamo a fare la spesa, e ci rendiamo conto del diminuito potere d'acquisto di cui disponiamo, proviamo a farci poche semplici domande, prima di orientarci verso l'acquisto discount.

  • Ho veramente necessità di tutto questo cibo, tanto da dovermi per forza orientare sulla bassa qualità pur di mantenere la quantità dell'acquisto?
  • Devo per forza comprare prodotti esotici, che percorrono centinaia se non migliaia di chilometri per arrivare sul banco del mercato, e chissà in quali condizioni di trasporto e conservazione, o preferisco un prodotto locale che costa di meno non perché frutto di un processo produttivo improntato allo sfruttamento umano e ambientale ma perché viene prodotto dietro casa mia?
  • Tutta questa carne e questi insaccati sono così necessari durante i miei consumi settimanali? Non farei meglio a mangiarne una sola volta a settimana, potendomi così permettere un prodotto di massima qualità?
  • Snacks, bibite gassate, alcolici a go-go, merendine, caramelle, precotti, presurgelati, premangiati, predigeriti... ma davvero voglio avvelenare me e i miei figli con questa robaccia? E sono addirittura pronto a buttarci i miei (pochi) soldi sopra?

Il punto è questo: i sistemi sono fatti da persone: se migliorano le persone, migliorano anche i sistemi.

Un abbraccio,

Andrea.

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